sabato 6 novembre 2010

Ich bin ein Berliner...


Diciassettesimo piano del palazzo più alto della mia città.
Chissà se un giorno anche io potrò dire Ich bin ein Berliner... anche se nel mio caso sarebbe più corretto dire Ich bin eine Berlinerin... la mia insegnante di tedesco dopotutto sarebbe fiera di me.
Beh, Rimini da lontano è bellissima.
É alto quassù... qualcuno direbbe che guardo tutto dall'alto in basso. Ho un po' di nausea... chissà se sono queste le famose vertigini o é solo la mia voglia di volarmene via di qua...la vertigine non è paura di cadere ma voglia di volare... 
Sensazione conosciuta, mi sa che è arrivato il momento prima della partenza, quello in cui inizio a sentire che un giorno mi mancherà la mia città...ma ora non riesco più a guardarla... tra un paio di mesi la vedrò così: da lontano... con un po' di distacco; in tutti i sensi... ma che cos'è questa cosa dalla quale continuo a volermene andare? e poi perché non riesco a volerci vivere? ma guarda che belle le luci delle barche che passano per il porto, e come sempre in questi momenti il faro batte con il suo ritmo incomprensibile.
Si stà da dio di fuori... ci saranno almeno 15°... tra un po' comparirà la stella di Natale sul tetto della Camilla ... le strisce pedonali dell'incrocio di sotto devono essere state riverniciate oggi perché riflettono troppo il verde del semaforo... alla fine anche Rimini ha il suo ordine, incroci perfetti perfettamente ignorati... il groviglio delle strade... se solo si vedesse l'autostrada, ci porterebbe senz'altro a una città, oppure proseguire ovunque vada, meglio, meglio che qua...il caos dentro un'impossibile ordine... ed in più lo spettacolo atroce di tutta la gente che passa ci guarda, e prosegue veloce, ci osserva e prosegue veloce, magari sorride, ma sempre prosegue veloce... questa città mi soffoca, eppure c'è vita se si guarda da quassù... quanto mi piacciono i ponti, ognuno con la sua storia...
Il fatto é che Rimini è una di quelle città da giro in elicottero... a prima vista tutto sembra perfetto, un funzionale ingranaggio di un meccanismo svizzero, ma poi se ci si entra dentro ci si rende conto che i pezzi sono tutti rattoppati, tenuti insieme con leghe di pessima qualità.
É incredibile che per apprezzare le cose a volte ci si debba prendere una certa distanza, beh, in effetti perché per le città dovrebbe essere diverso?
Io quando vivevo a Barcellona la adoravo Rimini! ma perché adesso che sono parte dell'ingranaggio non ne vedo che gli aspetti negativi?
Io in realtà non odio Rimini, solo che viverci dentro non rappresenta la mia giusta prospettiva...ecco, e allora se Rimini da lontano è bellissima lo é perché é da lontano, ma solo da lontano può esserlo.
Da vicino la si odia, a distanza non si può fare a meno... de estrañarle... terribile dover ricorre ad altre lingue per esprimere un concetto perché nella propria lingua non esiste una parola per farlo!

Eh sì... è proprio bella la città da quassù...

Beh, alla fine, anche se diversamente riminese, anche Io sono una Riminese... una riminese che sogna un giorno di poter dire Ich bin ein Berliner...  forse fa male eppure mi va di stare collegato, di vivere d'un fiato, stendermi sopra il burrone e di guardare giù, la vertigine non è paura di cadere, ma voglia di volare...  

mercoledì 25 agosto 2010

Pane e tempesta


Nessun mostro è peggiore di quello che si nasconde. E nessun delitto è peggiore di quello del forte contro il debole.
Maledetto chi porta via l'acqua chi ti deruba del pane, chi ti toglie la libertà. Il tuo paese ha conosciuto ingiustizie e crimini, e ha servito mostri i cui artigli si chiamavano autorità, partito, investitura divina o gradimento del popolo. Altri ne verranno, mostri ipocriti e ridenti, ma tutti prima o poi faranno la stessa fine. Marciranno nel pozzo profondo della storia. Non devi obbedirgli, non devi diventarte come loro.
Ma verranno giorni in cui il pozzo sarà quasi vuoto. Dovrai calare il secchio tante volte, aspettare e lottare, finché troverai l'acqua preziosa per chi ne avrà bisogno. Ti diranno che lacqua è altrove, che ci sono modi più facili per averla, ti venderanno acqua d'oblio oppure avvelenata, ti uccideranno dicendo che l'acqua è soltanto loro. Ma conserva la speranza, torna ogni notte, cala e resisti, nonavere paura.

Stefano Benni

domenica 30 maggio 2010

Se acababaron las lagrimas



Quando senti il gelo nello sguardo
quando qualcuno ha rotto il tuo sorriso di cristallo
il tuo bel viso di porcellana si ricorda della sua mano
mano di metallo

è il momento di iniziare a andare
hai esaurito tutte le lacrime
è il momento di iniziare a andare
infrangi la tua gabbia

4 primavere in silenzio
le rose secche non sanno profumare
senti le spine che si piantano bucando fino a dentro
dove fa più male

è il momento di iniziare a andare
hai esaurito tutte le lacrime
è il momento di iniziare a andare
infrangi la tua gabbia
ora
Scappa che la vita sta per terminare che i sogni si stanno per logorare
i minuti stanno per andare
salta che la fiamma ti sta per bruciare i momenti stanno per passare
e la tua anima si sta per spezzare
ah...l'anima...

Quando senti che non ti manca mai
e la pioggia cade castigando la città
che le gocce non penetrano la tua anima
ci sono barche nei tuoi occhi
i cui remi non potranno portarti in salvo

non serve più a niente piangere
hai esaurito tutte le lacrime
senti che non si può più tornare indietro
infrangi la tua gabbia
ora

Scappa che la vita sta per terminare che i sogni si stanno per logorare

i minuti stanno per andare
salta che la fiamma ti sta per bruciare i momenti stanno per passare

e la tua anima sta per morire
ah...l'anima...

e senti la chiamata della libertà
rompi le catene che ti fanno piangere
scappatene, armati e non pensarci più
salta, ridi, balla
e senti la chiamata della libertà

rompi le catene che ti fanno piangere
scappatene, armati e non pensarci più
salta, ridi, balla

Scappa che la vita sta per terminare che i sogni si stanno per logorare

i minuti stanno per andare
salta che la fiamma ti sta per bruciare i momenti stanno per passare

e la tua anima si sta per spezzare


Scappa che la vita sta per terminare che i sogni si stanno per logorare

i minuti stanno per andare
salta che la fiamma ti sta per bruciare i momenti stanno per passare

e la tua anima si sta per spezzare


- Huecco - Se acabaron las lagrimas traduzione by Laura



DEDICATO A TUTTE LE DONNE CHE SONO VITTIME DI VIOLENZA FISICA, PSICOLOGICA, EMOTIVA.

A tutte coloro che non hanno la forza di staccarsi dai loro carnefici per un motivo o per l'altro, a tutte coloro che nei piccoli e nei grandi gesti subiscono l'arroganza, l'ignoranza, il maschilismo.
A tutte coloro che sono dipendenti, succubi, vincolate ad un uomo.
A tutte coloro che non si fanno rispettare, a tutte coloro che nemmeno se ne rendono conto.

Prima o poi arriva il momento di dire BASTA.

giovedì 27 maggio 2010

VALIDA o NON VALIDA, questo è il problema.


Vi è mai capitato di soffermarvi a pensare a cosa succede, nella nostra epoca illuminata, quando si cerca di manifestare la propria libertà di azione, di pensiero, di scelta?
Beh, ecco cosa succede: verrete classificati.
E non parlo di grandi categorie che generalizzano in maniera superficiale ma non limitano il nostro essere. Parlo di opposizioni. Buono/cattivo, giusto/sbagliato, appropriato/inappropriato, vero/falso... come in un esercizio di contrari di bambini di 3 elementare.
Verrete imprigionati in una dicotomica catalogazione dell'essere umano, tanto disumanizzante quanto solo la mente umana può concepire.

Ore 2 di notte, vago per Rimini in cerca di un briciolo di libertà dalle costrizioni di questa società malata. Per fortuna al mio fianco ho una persona che, nonostante in questo momento sia ancora più affranta di me nel riscontrare la follia di questi anni, vuole riscoprire le cose belle della vita, ed è critico e mai banale in questa ricerca.
Due fumatori discreti, che vivono la sigaretta non come un obbligo o una dipendenza, ma come un momento di condivisione, quel piccolo angolo di piacere dove, consapevolmente, ci si intossica con veleni socialmente accettati. Nostra meta: il distributore automatico... l'amico giallo che ti distribuisce la tua droga quotidiana e non ti giudica per la tua scelta.
Almeno così pensavo... Mai dare per scontato che qualcuno/qualcosa possa accettare le tue scelte senza prendere una personale posizione in merito. E come sempre sono le piccole cose ad essere metafora della vita. Perchè io non posso scegliere per me stesso, perchè io non ho facoltà di decidere come voglio avvelenarmi, perchè qualcuno ha già deciso che sono VALIDA o NON VALIDA, questo è il problema.

Inserisco i soldi. La macchina me li sputa indietro. Riprovo. Niente da fare. Mi rendo conto che una scritta rossa scorre attraverso i led luminosi dello schermino sopra la fessura delle banconote.
PREGO, INSERIRE LA TESSERA SANITARIA O IL CODICE FISCALE.
Voglio un pacchetto di sigarette. Cosa ottengo in cambio? Un terzo grado.
Chi sono, quanti anni ho, dove vivo... Una sentenza sputata da una macchinetta. 
In due minuti processata, giudicata, e solo per un pelo assolta.
Uff, sospiro di sollievo: VALIDA.

Raccolgo le mie fottute sigarette e solo un pensiero rimbomba nella mente: forse un giorno, chiassà neanche troppo lontano, quando raccoglierò un pacchetto dal distributore non mi salterà più all'occhio la scritta IL FUMO UCCIDE, forse presto ci scriveranno: IL GRANDE FRATELLO TI GUARDA.

venerdì 19 marzo 2010

Ieri notte ho visto Calsifer

Da bravi figli del cemento non potevamo che guardarla così la focheraccia: controvento.
Da quella parte in cui l'odore del fumo ti rimane addosso per 3 giorni e la cenere ti si attacca ai capelli... ma anche questo fa parte della mia generazione. Generazione 2.0 che non ha idea da che parte tiri il vento.
E come sempre, chissà perchè, quello che ci circonda altro non è che una metafora della vita. Il problema è che non sempre si sanno leggere i segni.
Tra la folla in controluce si distinuguono corpi, ma non si vedono volti.
I musicisti alle mie spalle suonano melodie folk un po' dimenticate, un po' sconosciute, e i bambini lanciano rami in mezzo alle fiamme. Lo de siempre, direbbero gli spagnoli, ma chissà perchè è così confortante...
E il calore mi scalda le guance e mi brucia gli occhi.
E mentre bevo vino e sorrido alla macchina fotografica di un amico ritorno anch'io un po' bambina... e d'improvviso, tra i vortici del falò e lo scoppiettare delle braci lo vedo: Calsifer! Lo spirito che anima il fuoco.
Lo spirito che anima il fuoco... sì, lui, che nella sua potenza e pienezza mi si rivela per ciò che è veramente... non solo lo spiritello che muove il castello errante di Howl, ma anche quello che quando tutto sembra estinto si riaccende nelle fiamme più ardenti... quello che sotto le ceneri ormai spente nasconde i tizzoni ardenti che riaccendono l'incendio in un istante... altra metafora della vita... lo spirito che anima la passione, quello che fa nascere l'amore e l'odio, quello che ci muove verso i sentimenti profondi, la forza che anima la vita e che in un solo istante può distruggere tutto.

Quello che mi brucia dentro e che ogni giorno mi fa lottare per le cose in cui credo. Quello che quando tutto sembra perso mi accende di nuove energie e mi ridà la forza di andare avanti e fare ancora un pezzetto di strada. Quello che sotto le ceneri dei miei errori continua ad ardere nuove possibilità e brucia brucia brucia... e fa divampare ciò che credevo morto di una nuova passione, più forte, più matura, più vera, più viva che mai.

lunedì 8 marzo 2010

Perchè in fondo in ognuna di noi c'è una piccola Alice, anche se non viviamo in Wonderland.

8 Marzo... giornata della donna.
E dire che la mia coscienza femminista, in questa giornata più che nelle altre, mi ha sempre imposto una riflessione sul ruolo della donna nella società.
Anche quest’anno vorrei scrivere parole di rivendicazione, ripercorrere i progressi fatti nel corso della storia dalle donne che si sono battute per le donne, e invece l'unica cosa a cui riesco a pensare è al Brucaliffo che chiede insistentemente ad Alice: "Chi sei tu?".

Già, chi è Alice?
Alice è una ragazzina troppo curiosa, troppo irriverente, troppo intelligente.
Alice precorre i tempi, è incontenibile e assolutamente fuori luogo.
Alice è tutte noi.

Alice è la Manu, che vede solo la meravigliosità degli altri e non la propria e invidia sua sorella che riesce sempre a essere come dovrebbe e mai come vorrebbe.
Alice è l’Elena, che rimane ferma nelle sue convinzioni anche se rischiano di crollarle addosso come le carte di cuori, e seppellirla da un momento all’altro.
Alice è l’Ali, che si fa prendere in giro da tutti i Pinco Panco e i Panco Pinco che le passano accanto.
Alice è la Michi, che crede in un sacco di cose impossibili, e cerca di trovarne almeno 6 prima di colazione.
Alice è la Sabri, che se potesse avere un mondo come lo vorrebbe niente sarebbe com’è perché tutto sarebbe come non è.
Alice è la Lara, che non sa cos’è un non compleanno.
Alice è Dunia, che anche se sa che piangere non serve a niente non riesce comunque a smettere.
Alice è Katarina, che non è capace a fare due cose alla volta.
Alice è la Marghe, che si dà ottimi consigli, e raramente li segue.
Alice è la Francy, che quando balla riesce per un attimo a incantare tutte le rose.
Alice è l’Elenina, che con la sua lingua lunga riesce immancabilmente ad irritare la regina di cuori.
Alice è la Francesca, che si sente costantemente minacciata da qualcuno che vuole tagliarle la testa.
Alice è l’Irene, che non si è mai curata delle buone maniere.
Alice è la Giulia, che riesce, in qualsiasi situazione, a trovare il lato positivo e ad imparare qualcosa.
Alice è la Sara, che vorrebbe correre dietro al Bianconiglio e prima non lo fa per senso del dovere ma poi, inevitabilmente, cede.
Alice è la Silvia, che si fida dello Stregatto anche se sa che non dovrebbe perchè non riesce a resistere al suo fascino.
Alice è l’Ile, che non smetterà mai di sostenere che ogni cosa ha una sua morale.
Alice è Maria, che solo a volte si rende conto che i suoi dubbi potrebbero dissiparsi in un istante se solo lei credesse un po’ di più in se stessa.

Alice è anche la Marikina, che, anche se non lo sa, un giorno perderà la sua innocenza e l’unica cosa che le rimarrà sarà la sua piccola Alice interiore.

E poi Alice sono io, che mi guardo indietro e vedo tutti gli sforzi che ho fatto per piacere agli altri, per sentirmi accettata, per essere all’altezza di ogni situazione.
Alice sono io, che mi scontro contro l’indifferenza delle persone che ho accanto.
Alice sono io, spaventata e affascinata dalla pazzia del Cappellaio Matto.
Alice sono io, che vivo un po’ nel mio mondo perché è più interessante vedere cosa si cela nella tana del Bianconglio che fermarsi alla banalità del boschetto.
Alice sono io, che seguo chi mi attira in luoghi sconosciuti, incurante delle conseguenze.
Alice sono io, che mi sento costantemente inadeguata.
Alice sono io, che vorrei fermarmi nel Paese delle Meraviglie e invece torno sempre indietro.

8 Marzo... giornata della donna.
Prima di tutto credo che oggi dovrebbe essere un giorno in cui le donne riflettono su se stesse, e forse non è così stupido che mi venga in mente il Brucaliffo, perché in fondo in ognuna di noi c’è una piccola Alice, anche se non viviamo in Wonderland.

martedì 2 marzo 2010

L'estate di San Martino - seconda parte -

Oggi il mio viso ha sentito che il sole è tornato a scaldare,
e lacrime di gioia non cancellano la sensazione di calore sulle mie labbra.

Oggi i miei occhi hanno visto l'allungarsi delle giornate,
e i deboli raggi dei pomeriggi di inverno sono solo un ricordo ormai lontano.

Le mie orecchie hanno sentito gli uccellini cantare.
I miei piedi nudi hanno ritrovato la sabbia,
e le mie mani l'acqua del mare.

Oggi il mio cuore mi ha detto che la primavera è alle porte,
e io non ho più paura.

domenica 28 febbraio 2010

E adesso dove sei Ubaldo?!?

Discoteca, l'una passata di un sabato notte. Folla danzante in delirio su una base di musiche afro.
Mi piacerebbe dire locale pieno di fumo che confonde le cose e le rende più misteriose, avvolte dal velo di nebbia che mostra solo ciò che appare, ma da quando esiste la legge antifumo non è più credibile.
Il livello alcolico è basso, per cui anche ogni possibilità di attribuire al mio solito gin lemon tutta la colpa di questi trip è svanita con un soffio di vento. Accuso il colpo e mi assumo le mie responsabilità.
Dall'alto del mio cubo ballo e non penso a quello che mi capita attorno... mai stata una che va in discoteca per rimorchiare, per cui me ne sono sempre fregata della gente che mi circonda. Raramente mi faccio distrarre mentre ballo... più probabile che mi senta infastidita da chi cerca di attirare la mia attenzione, sono troppo concentrata sulla musica, e sul ritmo e sul sangue che mi ribolle dentro... ma qualcosa, o meglio qualcuno, mi cattura.
Tra l'orda di corpi che si muovono frenetici vedo aprirsi un varco e sbucare un ragazzino di 12/13 anni al massimo, con attaccato alla spalla, come se fosse un'appendice del suo corpo, il braccio della madre che lo guida impercettibilmente ma con sicurezza alla ricerca di un'uscita, e incredibilmente il braccio, piano piano, prende forma nella madre stessa: una brutta donna di mezza età, occhialuta, ricciolona e vestita a festa. Come se tutto ciò non fosse abbastanza surreale dietro la madre spunta un padre... classico romagnolo cinquantenne con tanto di pullver a scacchi e pelata sudaticcia.
Mi blocco. Una delle rare occasioni in cui qualcuno mi impedisce di continuare a ballare perchè la musica passa in secondo piano.
Una volta ripresa dallo shock il primo pensiero va al senso della loro presenza in un posto del genere e nonostante riesca a vincere il desiderio di andare da loro, fermarli e domandargli: "Scusate, ma voi cosa ci fate qui?" non riesco a frenare con altrettanta efficacia il flusso dei miei pensieri che in un vortice di pazzia, disagio mentale e fumo passivo ritrova l'immagine di un libro.
E adesso dove sei Ubaldo?!?
Reminescenza dell'infanzia in cui si passavano i pomeriggi a cercare l'improbabile Ubaldo all'interno di pagine strapiene di personaggi della dimensione di mezzo centrimento, in ambientazioni assurde, tra cavernicoli, pionieri del vecchio west e uomini spaziali, dove il povero Ubaldo, con la sua maglia a righe bianche e rosse e i suoi occhialetti, era sempre fuoriluogo, ed era proprio per questo che alla fine lo riconoscevi. Il veramente diverso in mezzo alla massa.
E il mio shock non è più dovuto al fatto che un'allegra famigliola si ritrovi nel bel mezzo della sala afro di una discoteca, ma al fatto che solo ciò che è fuoriluogo (e non posso definirlo in altro modo) riesce a catturare la mia attenzione. La massa è talmente uniforme che nessun singolo individuo, per quanto originale e alternativo, riesce a staccare ed emergerne.
Ma guarda te se a quasi 30 anni mi devo ritrovare il sabato sera in discoteca a giocare a E adesso dove sei Ubaldo?!?

mercoledì 24 febbraio 2010

L'ironia dei new media

Pomeriggio, momento di cazzeggio, chat di gmail…

In un momento in cui non me lo aspettavo affatto - come sempre accade del resto - sono rimasta folgorata da un’intuizione… com’è possibile che nell’epoca della società globale i nuovi media abbiano trasformato tanto il nostro modo di comunicare?

Non fraintendetemi, non mi stupisco dell’evolversi delle cose, né tantomeno sono una conservatrice, ma da buona sociologa, o da pazza paranoica, tutto dipende dai punti di vista, non posso fare a meno di osservare certi cambiamenti e cercare di comprenderli.

Il problema è che, in teoria, si presume che con l’avanzamento della tecnologia che supporta la comunicazione ci sia un parallelo avanzamento della comunicazione stessa… e invece no. Ossia, in realtà c’è un avanzamento ma verso una semplificazione e non verso un arricchimento.

Partiamo dalla base, o meglio dalle origini…

L’uomo preistorico non aveva altro mezzo per farsi capire se non un linguaggio totalmente fatto di gesti, d'interpretazione, di ricerca, di sensibilità verso l’altro. Con lo sviluppo della società l’uomo ha manifestato la capacità di creare un insieme di simboli condivisi (le parole), che non lasciassero spazio a fraintendimenti. Mela è per tutti gli italiani il frutto dell’albero delle mele.

Ora, nella nostra società non solo esiste una codifica uguale per tutte le persone che parlano una stessa lingua di certi segni, che ci contraddistingue dall'uomo delle caverne per un impoverimento della capacità interpretativa e drammaturgica, ma si va via via perdendo anche la capacità di comunicare attraverso gesti ed espressioni del corpo, e si tende a ridurre tutto a quel linguaggio fatto solo di pure parole che all’uomo preistorico non servivano neppure.

L’aprirsi di nuove possibilità e il progredire dei nuovi strumenti non ha fatto altro che inaridire il nostro modo di rapportarci con altri esseri umani, troppo spesso ciò che scriviamo perde tutta quella parte relazionale che sta dietro al significato delle parole, rendendo la nostra comunicazione solo un mero scambio semantico. Come può trasmettere la passione un “Ti amo” scritto via mail? Come può trasmettere l’emozione che danno un paio di occhi che brillano, il battito del cuore che accelera, il sorriso accennato che rivela il fremito che corre lungo la schiena mentre si pronunciano le fatidiche due paroline? E l’ironia… il sarcasmo… come potrà mai una chat riprodurre il tono della voce, l’inflessione... la cadenza? Senza poi parlare della mimica facciale e di tutto il linguaggio di un corpo quando si accalora per una cosa, quando si commuove, quando si emoziona… Com’è possibile che gli italiani, gesticolatori folli, assistano inermi alla diffusione cancerogena degli emoticons come sostitutivo dell’espressività non verbale?

Ok, di questo non mi stupisco più di tanto, sono anni che si parla dei limiti dei new media rispetto alla comunicazione non verbale, tuttavia mi sorprendo a trovare un’inquietante somiglianza tra questo modo di esprimersi e gli schemi comportamentali degli autistici.

Cosa voglio dire? Voglio dire che se una persona autistica prende tutto alla lettera perché i suoi schemi mentali gli impediscono di comprendere le sfumature del linguaggio, la comunicazione via chat ci rende tutti autistici, ci costringe tutti quanti alla riduzione della comunicazione a puro linguaggio. Che differenza c’è tra il non avere le capacità mentali e comportamentali di comprendere l’ironia che si cela dietro a un messaggio e il non avere gli strumenti per farlo?

A quanto pare l’ironia dei nuovi media è che l’unica cosa che non trasmettono è proprio l’ironia.

lunedì 18 gennaio 2010

Itaca


Itaca - Kostantin Kavafis

Quando ti metterai in viaggio per Itaca
devi augurarti che la strada sia lunga,
fertile in avventure e in esperienze.
I Lestrigoni o i Ciclopi
o la furia di Nettuno non temere,
non sarà questo il genere di inconti
se il pensiero resta alto
e un sentimento fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.

In Ciclopi e Lestrigoni, no certo,
né nell'irato Nettuno incapperai
se non li porti dentro
se l'anima non te li mette contro.

Devi augurarti che la strada sia lunga.
Che i mattini d'etate siano tanti
quando nei porti - finalmente e con che gioia -
toccherai terra tu per la prima volta:
negli empori fenici indugia e acquista
madreperle coralli ebano e ambre
tutta merce fina, anche profumi penetranti di ogni sorta;
più profumi inebrianti che puoi,
va in molte città egizie
impara una quantità di cose dai dotti.

Sempre devi avere in mente Itaca,
raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto non affrettare il viaggio;
fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
metta piede sull'isola,
tu, ricco dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.
Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo sulla strada:
che cos'altro ti aspetti?

E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.


Dedicata a te, che sei la mia vita, la cui lontananza mi affligge più di ogni altra cosa, la cui mancanza è la cosa più difficile da sopportare...perchè solo cercando la tua Itaca sarai veramente felice...