mercoledì 7 maggio 2008

TERRA DI CONFINE

Il confine era polveroso, come lo era sempre stato, anche se quel giorno sembrava un po' piú sbiadito del solito.
Il sole aveva consumato la linea che delimitava la mia cittá giá da quando...non so, in realtá per quel che ricordo l'ho sempre vista slavata e incerta, tanto che un giorno pensai che magari l'avevano disegnata cosí.
Non sapevo se ero io o se era il vento che soffiava e si portava via i contorni delle cose, mischiando tutto in una sorta di realtá inafferrabile, ma quel giorno, se possibile, tutto mi pareva ancora piú esile ed effimero. Il vento stava cambiando. Qualcosa doveva succedere.
Il confine aveva sempre delimitato la nostra identitá, chi lo passava era fuori, e ci si poteva scommettere sul fatto che non sarebbe tornato piú, mentre quelli che lo avevano varcato per venire dentro si contavano sulle dita di una mano, per lo piú gente di passaggio, viaggiatori smarriti in mezzo al deserto alla ricerca di se stessi, incrociavano il loro cammino con il nostro e veloci e disperati come erano arrivati ripartivano su strade sterrate in cerca di un punto d'arrivo, senza mai darsi la pena di osservare quello che gli scorreva sotto gli occhi durante il viaggio, senza mai capire che il cammino era la vera meta.
Il caldo era opprimente, forse era l'estate piú torrida da molti anni, forse la piú silenziosa: anche i coyote erano troppo spossati per farsi sentire, e il vento non dava conforto, anzi la sabbia che portava con sé graffiava il viso e toglieva il respiro.
La quiete arrivava ad essere insopportabile, interrotta solo dal cigolio del cartello che indicava ai passanti il nome di quell'assurda cittá, mare senza alcun porto, terra arida, dove da un pezzo non nasce più la vita. O almeno cosí credevo.
Come spesso accade nei paesini come il mio la gente si riuniva fuori dalle case, tutti seduti su sedie di legno, gli uomini a bere vino e giocare a carte, le donne a cardare la lana per l'inverno, mentre i bambini scorazzavano per la piazza.
Quando accadde io mi trovavo lí, a giocare a tresette con lo sceriffo. E successe, senza nessun preavviso, mi colse del tutto impreparato, ma é cosí che agisce il destino: lo cerchi per una vita intera e quando lui ti trova non sai che dire.
E infatti fu lei a parlare per prima.
Mi vide, le sorrisi, lei pure sorrise, e all'improvviso successe quello che aspettavo da sempre; il vento cambiò e da quel momento non si poteva più tornare indietro.
Lei inizió a raccontarmi la sua storia, e all'improvviso mi sembrò di capire cos'era che avevo sempre cercato. Era come se al mondo fossimo solo io e lei, come se tutto attorno a noi fosse scomparso, assorbito da un'improvviso cratere apertosi nella terra e questo fosse l'unico modo per tenerci in vita. Io e lei, e nessun'altra creatura concreta.
Lei la viaggiatrice, io che non avevo mai avuto il coraggio di passarlo quel maledetto confine.
Lei la misteriosa ragazza di cittá, che aveva grattacieli e autostrade fotografate negli occhi, io la faccia del deserto.
"Quando sono partita cercavo un posto dove poter correre a piedi nudi nell'erba, ascoltare il rumore del mare, vedere le gocce che cadono sulle foglie, guardare i gabbiani volare in alto e chiedermi dove li porterá il vento" mi disse, "ma mi sono resa conto che queste cose non le ho mai avute e non le avró mai. Ho visto quasi tutto il mondo per rendermi conto che quello che cerco cosí disperatamente non esiste in nessun luogo, ma solo dentro di me, per comprendere che gli uomini scappano da se stessi per paura di incontrarsi.
Io cerco me stessa per paura di non riconoscermi, ed è per questo che non mi posso mai fermare.
Questo luogo non ha storia, non ha memoria, non é segnato nemmeno sulle carte, e tu, tu sei l'uomo che ho sempre visto nei mie sogni: le mani rovinate dal sole e dal lavorare la terra morta, le rughe del viso bruciate dal caldo dell'estate e dal freddo dell'inverno, e quegli occhi che conoscono solo il deserto, e che in un pugno di sabbia sanno leggere infinite storie.
Io ho visto grattacieli, gente vivere in capanne, bambini dividere l'unico pezzo di pane e uomini ammazzarsi per il petrolio, ma in niente sono riuscita a trovare un senso.
Ho visto tutto e non conosco niente, tu non hai mai visto niente peró comprendi l'essenza di tutte le cose. I miei occhi riflettono le mie avventure, i tuoi la tua saggezza. Tu che non hai mai oltrepassato questa linea di confine, io che ho conosciuto il mondo in lungo e in largo.
Il giorno dopo partimmo alla ricerca di noi stessi, finalmente passai il maledetto confine e la mia vita non poté piú essere quella di prima, era arrivato il momento di vedere con i miei occhi, e di raccontare a lei il senso di ogni cosa.
Quando incontri il tuo destino non puoi piú tornare indietro e non ti resta altra possibilitá che iniziare ad accettare la continua ricerca di te, fino al limite, in una terra di confine.

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